“Rispettare il fatto che si tratti di una condizione di vita peculiare, con la curiosità della scoperta, è l’unico modo etico di approcciarsi al trattamento di queste situazioni.”
Autismo e neurodiversità
Diverse Menti
Ognuno di noi attraversa la vita affrontando molte sfide per riuscire ad esprimere il proprio potenziale. Nelle situazioni in cui, per varie ragioni, biologiche e psicosociali, si presenta una condizione di neurodiversità, le sfide da affrontare sono maggiori per tutto il sistema familiare. Allo stesso tempo, si presenta l’opportunità di scardinare schemi di pensiero e di acquisire nuova consapevolezza. Direi che questo vale sia per le persone diversamente abili sia per le persone che hanno una relazione con loro.
Nel caso dell’autismo, ad esempio, il bambino ha, fin dalla più tenera età, letteralmente un’altra visione del mondo. Non deve essere facile per lui comprendere il motivo per cui siamo tutti interessati a fargli cambiare punto di vista.
Rispettare il fatto che si tratti di una condizione di vita peculiare, con la curiosità della scoperta, è l’unico modo etico di approcciarsi al trattamento di queste situazioni.
Questo è assolutamente possibile, non perdendo di vista la necessità di educare, di insegnare, per permettere una buona qualità di vita in un mondo monopolizzato dai neurotipici.
Solo partendo da una posizione di accoglienza e rispetto della diversità dell’altro, si possono applicare le strategie migliori, utilizzare i protocolli più validati dalla ricerca, impiegare le tecniche più efficaci.
Da terapeuta, posso dire che il lavoro con la neurodiversità mi ha insegnato a non dare nulla per scontato, a mettermi continuamente in discussione, a non darmi per vinta.
L’insegnamento di nuove abilità spesso è un’impresa difficile, che richiede sforzo e pazienza, sia da parte nostra che da parte dei nostri piccoli studenti.
Gioire di ogni piccolo passo avanti, essendo pronti a lasciare andare le nostre convinzioni, adeguando gli obiettivi momento per momento, è il miglior modo per accompagnare e accompagnarsi.
Nel caso dell’autismo, ad esempio, il bambino ha, fin dalla più tenera età, letteralmente un’altra visione del mondo. Non deve essere facile per lui comprendere il motivo per cui siamo tutti interessati a fargli cambiare punto di vista.
Rispettare il fatto che si tratti di una condizione di vita peculiare, con la curiosità della scoperta, è l’unico modo etico di approcciarsi al trattamento di queste situazioni.
Questo è assolutamente possibile, non perdendo di vista la necessità di educare, di insegnare, per permettere una buona qualità di vita in un mondo monopolizzato dai neurotipici.
Solo partendo da una posizione di accoglienza e rispetto della diversità dell’altro, si possono applicare le strategie migliori, utilizzare i protocolli più validati dalla ricerca, impiegare le tecniche più efficaci.
Da terapeuta, posso dire che il lavoro con la neurodiversità mi ha insegnato a non dare nulla per scontato, a mettermi continuamente in discussione, a non darmi per vinta.
L’insegnamento di nuove abilità spesso è un’impresa difficile, che richiede sforzo e pazienza, sia da parte nostra che da parte dei nostri piccoli studenti.
Gioire di ogni piccolo passo avanti, essendo pronti a lasciare andare le nostre convinzioni, adeguando gli obiettivi momento per momento, è il miglior modo per accompagnare e accompagnarsi.
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